Castiglione Messer Raimondo, Arsita, Bisenti, Montefino e Castilenti in provincia di Teramo e Penne, Montebello di Bertona, Civitella Casanova, Farindola , Picciano ed Elice in provincia di Pescara, la frazione di Caldari della città di Ortona. Questi sono i paesi colpiti dalle ordinanze, dai decreti: tutta l’Italia è in zona rossa ma queste zone vengono delimitate e sorvegliate, nessuno può uscire o entrare.
Vivo in Abruzzo e per dare respiro a questa soffocante situazione, ho creato un articolo che rilegge in forma laconica, essenziale e quasi “mappabile”, questi luoghi oggi sofferenti ma che ritorneranno nel loro splendore agli occhi di chi li visita ed apprezza, meglio di prima, ancora più esaltati da noi che amiamo il nostro territorio e da chi lo ama pur non vivendoci.
Così, ancorata all’ unico mezzo che ho adesso a disposizione per vivere a pieno la mia regione,ovvero la scrittura, offro il mio contributo per questa meravigliosa regione elencandovi cosa c’è dietro ogni città e paese della zona rossa in Abruzzo: bellezze, potenziale, luoghi o eventi da non perdere, aneddoti, curiosità, bellezze e patrimonio culturale.
Montebello di Bertona
Meno di mille abitanti e siamo su un colle alle pendici del Gran Sasso, in provincia di Pescara.
Montebello è citata spesso per la sua delicata ma rilevante presenza scenica in ambito degli studio preistorici. Infatti, alcune importanti scoperte si rivelarono di grandissima rilevanza non solo per la storia dell’Abruzzo antico, ma anche per lo studio della preistoria italiana, poiché per la prima volta veniva attestata l’esistenza, nella penisola, di dimore all’aperto (capanne rivestite di pelli e materiale vegetale) frequentate dalle genti del Paleolitico superiore.
Assolutamente da annoverare il Castello e il Pozzo di Sant’Agata: sulla sommità del colle dove si trova il paese sono ancora visibili elementi murari originali del castello e dell’abitato datati dal IX all’XI secolo. Nel XVI secolo il castello venne trasformato in Palazzo baronale, come lo si vede oggi, che conserva ancora tracce ed elementi di riutilizzo più antichi.
Il Pozzo di Sant’Agata, frequentato fino agli inizi del nostro secolo dalle donne che avevano da poco parorito e non avevano latte a sufficienza o ne erano rimaste prive. Sembra che esse, al riparo dagli sguardi dei maschi, versassero all’interno del pozzo una piccola offerta di latte, nella speranza di poterne avere di più o di tornare a produrne. Anche il bestiame con analoghi problemi sarebbe stato messo a pascolare nelle vicinanze. Tale usanza, ancora viva nella memoria degli anziani montebellesi, testimonia l’esistenza in zona di un culto pagano molto antico
C’è tanto da scoprire e vivere a Montebello, ma in particolar modo io parteciperei almeno una volta nella vita alla Gara di Rotile ( della Ruzzola),
una gara per le vie del paese tra le squadre di Montebello. Il torneo ha acquisito negli anni un forte apprezzamento per l’originalità della rievocazione del gioco per eccellenza del vecchio secolo.
Civitella Casanova
Civitella Casanova è considerata la patria degli arrosticini, ad attestare ciò si notifica che in municipio risultano le prime licenze di vendita degli arrosticini risalenti al 1819, non possedute dai comuni strettamente limitrofi, dell’intera provincia pescarese o delle altre province circostanti ed è per questo, definito come “il paese che ha inventato gli arrosticini” .
I pastori che conducevano le greggi di ovini attraverso i tratturi che solcano il nostro territorio in direzione dei pascoli montani, per sfamarsi durante il lungo viaggio, pare fossero soliti usare proprio le carni delle pecore ridotte a piccoli bocconi infilzati in dei “ceppi” ottenuti lavorando la sanguinella, un arbusto che cresce nelle nostre zone e poi cucinati su brace scoppiettante. Ad avvalorare questa tesi una foto di inizio secolo e una nota poesia di un artista locale “J’arrestiglie de Cevetelle“. La produzione degli arrosticini si è così tramandata tant’è che ancora oggi alcune famiglie civitellesi li realizzano in questo modo.
Civitella Casanova, in un periodo si chiamava Civitella dell’Abbadia, dall’abbazia dei cistercensi che vi sorgeva, fondata nel 1191 da Margherita, madre di Bernardo II, Conte di Loreto e Conversano. Il monastero, nel momento di maggiore prosperità, arrivò ad ospitare 500 frati, molti dei quali dediti agli studi umanistici, alla trascrizione dei testi ed alla miniatura dei codici e tra i suoi possedimenti poteva vantare anche le Isole Tremiti.
Purtroppo gran parte del centro storico è stato gravemente danneggiato dal sisma del 6 aprile 2009 ed è ancora oggi inagibile, e questa situazoine da Covid-19 ha fatto si che quella cicatrice tornasse a bruciare. Si perchè chi ha sofferto a causa di una calamità naturale, seppur rimanendo in una piccola realtà circospetta, sa bene che vuol dire affrontare un’altra di calamità, stavolta di portata mondiale.
Forza!
Farindola
Chi è un consueto turista abruzzese ( soprattutto nel periodo estivo) , ma in modo particolare, chi è abruzzese, sa bene che nominare Farindola vuol dire nominare il suo pregiato, buonissimo e amato pecorino; nonché i formaggi in generale di questo inestimabile luogo.
Formaggio tradizionale caratterizzato dal impiego di caglio di suino il cui uso ha origini antichissime ed ancora oggi richiede cure particolari per la sua preparazione aziendale, effettuata dalle donne che custodiscono gelosamente e tramandano di generazione in generazione la tecnica produttiva.
Farindola (Farìnnele in abruzzese) è un comune italiano di 1 427 abitanti[ della provincia di Pescara in Abruzzo.
Da visitare assolutamente la Grotta di Geotritone: nella Valle d’Angri in prossimità della Cascata del Vitello d’Oro si trova la Grotta del Geotritone Italiano (Speleomantes italicus), una cavità scavata nella roccia che è stata rinaturallizzata per favorire l’insediamento e la riproduzione di questo piccolo anfibio. La popolazione di Geotritone italico risente delle minime alterazioni del suo habitat naturale, infatti l’inquinamento e la distruzione dei siti di riproduzione sono una seria minaccia per la loro sopravvivenza.
La fruizione della grotta attraverso visite guidate e rigorosamente a numero chiuso, sì da non arrecare disturbo e soprattutto da non alterare la temperatura della grotta.
Area Faunistica del Camoscio – la prima realizzata nel Parco, è stata inaugurata il 29 luglio 1992, a 100 anni dalla scomparsa dell’ultimo camoscio sul Gran Sasso. L’area è stata realizzata nei pressi della cascata del Vitello d’Oro, all’ingresso della Valle d’Angri, caratterizzata da sporgenze rocciose, pareti scoscese, forti pendenze e una ricca vegetazione adatta alla loro alimentazione. I camosci si sono puntualmente riprodotti nel corso degli anni e alcuni di essi, nell’ambito di operazioni condotte dall’Ente Parco, sono stati prelevati e liberati in natura sul Gran Sasso.
http://www.gransassolagapark.it/iti_dettaglio.php?id_iti=1729
LaCascata della Vitella d’oro. La leggenda narra, fin dalla notte dei tempi, che ad alcune donne intente ad attingere acqua con una conca, nei pressi della cascata, all’alba del giorno di san Giovanni, apparve una piccola vitella di colore giallo-oro, da cui il nome dato al salto d’acqua. Altri studi attestano che “la vitella è solo “sentita” nei pressi della rupe, sotto la quale s’infila, rumoreggiando, l’impetuoso torrente dal quale sembrano levarsi muggiti. Più chiaro e semplice è l’appellativo “d’oro”, ipotizzandosi nel fiume, sabbie o filoni auriferi” (C. Greco).
La cascata del Vitello d’Oro, captata dall’acquedotto per i consumi idrici, è presente solo in alcuni periodi dell’anno, quando le piogge e lo scioglimento della neve ricaricano le falde acquifere e la portata supera quella intubata.
Ahimè Farindola viene ricordata anche per un’altra questione: il 18 gennaio 2017, a seguito di un’intensa nevicata e probabilmente anche di una serie di scosse telluriche legate al terremoto del Centro Italia, l’Hotel Rigopiano, ex rifugio e unico albergo della frazione omonima, è stato investito da una valanga di neve e detriti proveniente da una linea di cresta del Monte Siella (Gran Sasso). Fra le 40 persone presenti fra ospiti e personale, vi sono state 29 vittime e 11 sopravvissuti.
Picciano
Comune del pescarese ricco di storia, Picciano è un borgo collinare di origine antiche.
Visitare Picciano è come ripercorrere un viaggio nel passato: il luogo che ora appare silenzioso e fermo è la testimonianza più autentica di un tempo passato ricco e popoloso che con i ricavi del commercio della lana costruì e abbellì i palazzi di città autorevoli.
La località è stata una fucina di artisti legati al campo della musica da bande. La banda di Picciano e, per un periodo piuttosto lungo a metà del Novecento, la banda diPiccianello, rappresentavano un punto di riferimento artistico di notevole interesse. Da ricordare al riguardo il maestro Vermondo Carusi che di questa fioritura musicale e non solo, è stato uno dei maggiori artefici. Tale tradizione musicale prosegue oggi attraverso l’Associazione Bandistica Amatoriale “Città di Picciano”, composta sia da veterani della musica bandistica abruzzese sia da giovani elementi e insignita nel 2011 del titolo di “Gruppo di interesse nazionale” dal Tavolo Nazionale per la Musica Popolare (iniziativa promossa dal Ministero per i Beni e le Attività Culturali della Repubblica Italiana in onore del Centocinquantenario dell’Unità d’Italia) insieme al coro folkloristico della cittadina.
Il Museo delle tradizioni e arti contadine, MUTAC, museo etnografico, invece, si accolla il compito di mostrare e ricordare la vita delle comunità piccianesi dei secoli scorsi.
Il “Museo delle arti e tradizioni contadine” raccoglie una vasta collezione (oltre 6000) di strumenti antichi e meno antichi legati a tradizioni, riti e tecnologie dell’Abruzzo contadino. Nasce come collezione privata trasformata in Fondazione. Vi sono ricomposti i luoghi e gli ambienti della vita contadina di un tempo tramite l’applicazione degli stessi oggetti originali. Il Museo segue un percorso basato sugli elementi principali che sono: l’olio, il grano, l’agricoltura, le botteghe artigiane, la casa. Degno di nota anche un piccolo orto botanico all’esterno.
Elice
Ho una passione per Elice, è uno dei paesi che nomino sempre ai miei amici, per due motivi: gli arrosticini della zona, particolarmente buoni e la Sagra della Mugnaia che si tiene in estate e che è accompagnata da un tetro medievale per le vie del centro storico davvero incredibile e suggestivo. Appuntamento fisso d’estate! Imperdibile.
Come per Picciano ha anche lei una storia molto antica che può risalire fino all’anno mille, e tra i luoghi di maggiore interesse, vanno citati:
- Chiesa medievale di San Martino: costruita prima del XII secolo, è citata in un documento del 1109 con cui il conte normanno Guglielmo di Tassone fece una permuta di beni con il monastero di Santa Maria di Picciano, donandogli la chiesa di San Panfilo di Spoltore e ricevendone in cambio il monastero di San Martino “nel castello dell’Ilice”[; rimaneggiata nel XVIII secolo.
- Castello Comunale: monumento principale del borgo antico. Fu costruito nel Medioevo ma rimaneggiato nel settecento. È costituito da laterizio, con un ampio portale in stile barocco, cime le finestre. La pianta quadrata è tuttavia irregolare. All’interno contiene cantine d’epoca e una cappella che conduce alla chiesa parrocchiale.
- Monumento ai caduti: realizzato dallo scalpellino Gennaro d’Alfonso, in ricordo dei caduti della Prima guerra mondiale e della Seconda guerra mondiale.
La Sagra della Mugnaia di Elice è sempre accompagnata dalla rievocazione medievale “La Notte nell’Ilex”. Ma andiamo con ordine. Innanzitutto cos’è la Mugnaia?
Prodotto povero di matrice contadina, la Mugnaia, che in accezioni differenti prende il nome di Molinara o Mulinara, è una pasta nata dai mulini ad acqua che numerosi costeggiavano il fiume Fino nell’omonima vallata che collega le provincie di Pescara a Teramo.
il nome Mugnaia fa pensare alla seconda fase lavorativa del prodotto che guardandolo assomiglia molto al gesto di mungitura delle mucche. Se prendiamo invece l’accezione Molinara risaliamo etimologicamente ai mulinari che lavoravano questo prodotto.
Questo piatto era condito in periodo medievale con il solo aglio, olio e peperoncino, rappresentando per le famiglie il piatto quotidiano. Oggi invece condito con Sugo alla Mugnaia o alla Pecorara. Famosa in tutta la vallata ed oramai conosciuta anche in ambito nazionale.
La rievocazione “La Notte nell’Ilex”, vede l’intero borgo medievale di Elice in ccostume: più di 400 figuranti animeranno le ambientazioni e le antiche vie del centro storico facendovi ripiombare nella vita di quasi mille anni fa…una suggestiva atmosfera, spettacoli e giochi.
Caldari
Caldari o Villa Caldari è una frazione del comune di Ortona, in provincia di Chieti. Conta 1.800 abitanti ed è situata a circa 6 chilometri dal mare.
Tra i monumenti va citata Casa Berardi: si trova in località Alboreto, sulla via principale da Caldari per Ortona, ed è uno degli edifici più antichi nell’entroterra rurale ortonese le cui origini risalgono al 1700. Durante la Seconda guerra mondiale, era sede del quartier generale del sistema difensivo tedesco.
Inoltre dal 1994 ospita il secondo stabilimento d’Abruzzo della De Cecco.
Famosa di recente per la presenza di una fontana dove non sgorga l’acqua ma il vino, è la prima fontana in Italia a distribuire ininterrottamente vino, dell’ottimo Montepulciano d’Abruzzo, ed è stata realizzata per rifocillare i pellegrini lungo il Cammino di San Tommaso.
L’idea nasce da Dina e Luigi Narcisi che, memori di aver bevuto vino alla fontana della Bodegas Irache ad Estella, lungo il Cammino di Santiago, propongono a Nicola D’Auria, proprietario della Cantina Dora Sarchese di Ortona, di realizzare la prima fontana del vino in Italia.
Si trova nella tenuta della cantina Dora Sarchese ed è stata inaugurata ad ottobre 2016.
Dopo aver letto la prima parte di questo articolo non potevo non leggere anche il seguito!